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17 Ottobre 2024   |   Storie di vita e d'impresa

Riflettere per Agire: Verso un Futuro Senza Povertà

[foto di Matt Collamer su Unsplash]

Il 17 ottobre è una data fondamentale per riflettere sulle radici della povertà e sugli strumenti per combatterla, in occasione della Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Povertà, istituita ufficialmente dalle Nazioni Unite nel 1992. Questa ricorrenza ha origine il 17 ottobre 1987, quando oltre centomila persone si riunirono a Parigi per dichiarare la povertà una violazione dei diritti umani fondamentali. La giornata rappresenta non solo un’opportunità per riconoscere le lotte quotidiane di chi vive in condizioni di povertà, ma anche per promuovere l’importanza di azioni concrete a livello globale e locale per sradicare questo fenomeno.

Nel corso della storia, il concetto di lavoro ha svolto un ruolo cruciale nella lotta contro la povertà, trasformandosi e adattandosi alle diverse epoche. Dalle società preistoriche, dove il lavoro era sinonimo di sopravvivenza, fino ai giorni nostri, il lavoro ha sempre avuto una dimensione fondamentale nella costruzione di società più giuste. Durante il Medioevo, la dottrina francescana offrì una visione alternativa, centrata su valori come la fratellanza e la sostenibilità, una filosofia che ancora oggi risuona nell’idea di un’economia basata sulla reciprocità e sull’uguaglianza.

Nel XIX secolo, la Rivoluzione Industriale alterò radicalmente la concezione del lavoro, portando a un eccessivo focus sulla produttività, spesso a discapito delle condizioni di vita dei lavoratori. Questa ossessione per l’efficienza ha generato profonde disuguaglianze, un problema che persiste fino a oggi, nonostante i progressi fatti dai movimenti sociali nel migliorare i diritti dei lavoratori. Ma la povertà non è solo una questione economica. Oggi si parla di povertà multidimensionale, che comprende non solo la mancanza di risorse materiali, ma anche la privazione di accesso a servizi di base come l’istruzione, la sanità e la sicurezza.

Le crisi globali, come i conflitti armati, i cambiamenti climatici e la recente pandemia di COVID-19, hanno esacerbato queste disuguaglianze. A queste emergenze globali si aggiunge una crisi meno visibile, ma altrettanto devastante: la povertà spirituale, strettamente legata al nostro rapporto con il lavoro. Byung-Chul Han descrive l’attuale società del rendimento come una realtà in cui gli individui sono spinti a lavorare e produrre sempre di più, fino a sentirsi svuotati e stremati. Il lavoro, in questo contesto, non è più una via per l’emancipazione, ma una forma di schiavitù moderna che porta a un profondo esaurimento fisico e mentale.

Come sottolinea Luigino Bruni, tuttavia, il vero valore del lavoro si esprime quando il beneficiario è qualcun altro. Questa visione “mission-driven” ci ricorda che il lavoro non è solo un’attività economica, ma una componente essenziale della vita che può contribuire a creare un mondo più giusto e solidale. A differenza del lavoro privo di significato, che ci lascia stanchi e vuoti, un lavoro orientato al bene comune contrasta gli effetti della povertà multidimensionale, rafforzando la coesione sociale e migliorando la qualità della vita.

Vandana Shiva ci invita, inoltre, a liberare il nostro immaginario e a focalizzarci sulla costruzione di comunità più giuste, riducendo l’individualismo e promuovendo un’ecologia emotiva e compassionevole. Solo attraverso una riorganizzazione del lavoro e delle nostre relazioni potremo veramente affrontare la povertà in tutte le sue forme.

La povertà anche si manifesta attraverso la stigmatizzazione sociale e i maltrattamenti istituzionali, temi centrali della celebrazione di quest’anno, con il titolo: “Porre fine ai maltrattamenti sociali e istituzionali”.

Chi vive in condizioni di povertà spesso subisce discriminazioni non solo per il proprio status economico, ma anche per l’aspetto, l’accento o l’indirizzo. Questi atteggiamenti negativi si traducono in difficoltà di accesso a servizi fondamentali come la sanità, l’istruzione e l’alloggio. È qui che il maltrattamento sociale si interseca con quello istituzionale, creando una spirale di esclusione che si autoalimenta, compromettendo ulteriormente la capacità delle persone di uscire dalla povertà.

Per affrontare questa complessa rete di disuguaglianze, è essenziale adottare una visione olistica della povertà, comprendendo le sue molteplici dimensioni e le cause profonde. Movimenti come quello della decrescita propongono un cambiamento radicale: ridurre il consumo e riorganizzare il lavoro in modo da favorire il benessere collettivo, piuttosto che la sola produttività economica.

Oggi, la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Povertà ci invita a riflettere non solo sul significato del lavoro, ma anche sull’importanza di creare società più giuste, inclusive e sostenibili. Il lavoro non può essere solo uno strumento di produttività, ma deve essere visto come un mezzo per migliorare la vita delle persone, favorendo la dignità umana e l’uguaglianza. Solo ascoltando le voci di chi vive in condizioni di povertà e lavorando insieme per eliminare gli abusi e le ingiustizie che li colpiscono, potremo davvero costruire un futuro dove nessuno sia lasciato indietro.